Pagina:Novelle lombarde.djvu/302

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arrangolare perchè entrò tardi, e le avrà dato. Il bargello, fondandosi sulla voce del popolo che è voce di Dio, mette senz’altro le mani su lui; presto presto, per dare un terribile esempio, si fa il processo sul luogo: lo interrogano, egli nega, lo mettono alla tortura.

Voi non sapete, ragazze, cos’è la tortura, eh? perchè adesso non la si usa più. Ma al tempo mio, quando uno era sospettato d’un delitto, fosse come capo di ladri, o come strega, o bestemmiatore, o un di quelli che untavano per far venire la peste, lo pigliavano: il signor giudice gli domandava, — Sei stato tu?» Se l’altro schiodava, dio con bene: se no, il signor giudice ordinava: — Mettetelo alla corda».

Voi tutte avete visto in macello, quando il beccajo, dopo scannato il bue, lo tira su, legato per le gambe, ad un verricello. Su quel fare immaginate la tortura. Il reo, ossia l’accusato ch’è tutt’uno, veniva legato colle mani dietro, così; con una corda incarrucolata l’alzavano, e a volta a volta davano delle buone strappate, come si fa col martino quando si conficcano i pali nell’argine; e lo facevano saltare dieci, venti volte, quante al signor giudice piacesse. Di ragione, se colui non voleva che le braccia restassero attaccate alla fune, conveniva che confessasse; e così si scoprivano i malfattori, poi s’impiccavano, si squartavano, s’inrotavano. Di questi esempj non passava, sto per dire, settimana, che non se ne udissero; e perciò delitti non ne succedevano. Ora tali usanze sono dismesse, e il far il ladro è divenuto una bazza.

L’uomo della Bia fu dunque posto al tormento,