Pagina:Novelle lombarde.djvu/72

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supio, e avrò fatto una buona giornata: o v’è la donna, e son a cavallo; essa mi servirà di statico per ottenere quel che voglio.

La raccomandazione però fatta da don Alfonso al Sirtori d’aprire egli stesso, tratteneva questo dal cederla, quantunque non potesse indovinarne il motivo. Si fece innanzi il sindaco, esibendosi, quale rappresentante del Comune, di entrare egli stesso alla ricerca; ma l’altro aveva messo i piedi al muro: onde, non volendo far sangue, dal che, oltre il male del prossimo, poteva venirgli anche una persecuzione dalla giustizia, don Alessandro s’indusse a ceder la chiave al guardacaccia, che, sognando mucchi d’oro, s’avviò con essa.

Non v’è entrato mai il capriccio, o lettori (poichè un uomo di mondo dee veder tutto, anche i delirj, anche le sciocchezze) di trovarvi là dove si cavano i numeri del lotto? Un ampio cortile pieno fitto di gente (plebe s’intende, perchè questa è il predestinato zimbello degl’inganni) rimbomba dello schiamazzo di mille voci, che suonano ognuna diversamente, ma tutte sul motivo stesso, cioè i numeri giocati. Uno gli ebbe dal tale, ammesso ai segreti della fortuna, l’altro li tirò da un sogno, chiaro come il sole; un terzo li almanaccò addosso al poverino che fu impiccato sta settimana; quella comare ha messo la polizzina nelle occhiaje d’un teschio, e la notte sognò fuoco; narrano, ascoltano, consultano: in volto a tutti leggi l’ansietà. Nè a torto. Si tratta che alcuni non hanno fatto colazione per serbar i cinquanta centesimi da mettervi su; si tratta che quest’altro picchiò sua moglie perchè, invece di dargli i quattrini, voleva con essi comprare una lib-