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storia dell’asino di s. giuseppe 141

di un mulo, e il carico glielo pagavano a cinque tarì il quintale. — Ogni giorno che campa l’asino di san Giuseppe son quindici tarì guadagnati, diceva, e quanto a mangiare mi costa meno d’un mulo. — Alle volte la gente che saliva a piedi lemme lemme dietro il carro, vedendo quella povera bestia che puntava le zampe senza forza, e inarcava la schiena, col fiato spesso e l’occhio scoraggiato, suggeriva: — Metteteci un sasso sotto le ruote, e lasciategli ripigliar lena a quella povera bestia. — Ma compare Luciano rispondeva: — Se lo lascio fare, quindici tarì al giorno non li guadagno. Col suo cuoio devo rifare il mio. Quando non ne potrà più del tutto lo venderò a quello del gesso, che la bestia è buona e fa per lui; e non è mica vero che gli asini di san Giuseppe sieno vigliacchi. Gliel’ho preso per un pezzo di pane a massaro Cirino, ora che è impoverito.


In tal modo l’asino di san Giuseppe capitò in mano di quello del gesso, il quale ne aveva una ventina di asini, tutti macilenti e