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Pagina:Novelle rusticane (1885).djvu/157

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storia dell’asino di s. giuseppe 143

avuta, e le febbri che avevano preso tutti alla pianura, lei, suo marito e il suo Turiddu, senza danari per comprare il solfato, chè gli asini di san Giuseppe non se ne hanno da vendere tutti i giorni, nemmeno per trentacinque lire.

L’inverno, che il lavoro era più scarso, e la legna da far cuocere il gesso più rara e lontana, e i sentieri gelati non avevano una foglia nelle siepi, o una boccata di stoppia lungo il fossatello gelato, la vita era più dura per quelle povere bestie; e il padrone lo sapeva che l’inverno se ne mangiava la metà; sicchè soleva comperarne una buona provvista in primavera. La notte il branco restava allo scoperto, accanto alla fornace, e le bestie si facevano schermo stringendosi fra di loro. Ma quelle stelle che luccicavano come spade li passavano da parte a parte, malgrado il loro cuoio duro, e tutti quei guidaleschi rabbrividivano e tremavano al freddo come avessero la parola.

Pure c’è tanti cristiani che non stanno meglio, e non hanno nemmeno quel cencio