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pane nero 171

che la finestra di rimpetto, nera dalla pioggia, o qualche vicino che tornava a casa, sotto il cappotto fradicio. Ma Pino il Tomo non si faceva più vivo, che se un povero malato aveva bisogno di un po’ di brodo di rane, diceva la Lucia, non sapeva come fare.

— Sarà andato a buscarsi il pane in qualche altro modo — rispondeva la cognata. — Quello è un mestiere povero, di chi non sa far altro.

Santo, che un sabato sera aveva inteso la chiacchiera, per amor della sorella, le faceva il predicozzo:

— A me non mi piace questa storia del Tomo. Bel partito che sarebbe per mia sorella! Uno che campa delle rane, e sta colle gambe in molle tutto il giorno! Tu devi cercarti un campagnuolo, chè se non ha roba, almeno è fatto della stessa pasta tua.

Lucia stava zitta, a capo basso e colle ciglia aggrottate, e alle volte si mordeva le labbra per non spiattellare: — Dove lo trovo il campagnuolo? — Come se stesse a lei a trovare! Quello solo che aveva trovato, ora