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novella lxx. 123

LXX.


Industre maniera di esplorare l'indole

e le inclinazioni dei fanciulletti.


La prima sera del presente anno, dopo molte visitazioni richieste dalla civiltà del gennajo nel giorno del suo aprimento, mi riserberai per gli ultimi convenevoli di quel dì di andare alla casa di un mio buon amico ammogliato e arricchito dal cielo di più rampolli d’ulivo che inghirlandano la sua mensa, maschi e femmine. Trovai marito e moglie ch’erano al fuoco, della qual cosa io mi rallegrai grandemente; ma intorno aveano parecchi ragazzetti, della qual cosa non mi rallegrai punto. I puttini che aveano ricevuta la mancia del capo d’anno, erano tutti fuori di misura allegri, e perciò aveano una vigoria di voci insolita e una forza di ginocchia tale, cha assordavano le genti col cicalare e co’ salti. È vero che il padre e la madre, quando io vi entrai, fecero loro comandamento che si tacessero e stessero cheti, e così era per qualche tempo in generale, ma di tempo in tempo ad uno usciva una risata di qua, un altro faceva un saltellino di là; chi gridava: State fermo; un altro: Io non mi movo; e in fine il coro tornava ad intuonare insieme; finchè il padre deliberò di farnegli uscire della stanza in cui eravamo, onde essi andarono a nabissare altrove, e rimanemmo tre al fuoco. 1 pensieri nascono l’uno dall’altro. Si cominciò a parlare dell’educazione dei figliuoli. Il padre e la madre, i quali hanno in fantasia che io sia filosofo, volevano che io dicessi loro in qual modo si aveano ad allevare. Mi trovai a poco a poco impacciato in un ragionamento grave. Cominciai prima a dire che non tutti i figliuoli si debbono educare ad un modo; che si dee avanti esaminare le loro inclinazioni, e appresso avviargli a quella condizione di vita che meglio si acconcia al loro cuore e al cervello. Ma come si ha a fare, dice