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novella lxxiii. 129

bianche e una spadetta corta sotto il braccio, il quale ne andava a quella volta dond’erano essi poco prima fuggiti. Costui dà in male branche, dissero le maschere tra loro, e l’avvisano di quello ch’era. Amici, rispose il vecchiotto, io vi ringrazio di cuore; ma egli è appunto la voglia ch’io ho di essere colà, quello che mi guida; e segue il suo cammino. Noi vedremo pure questo fatto, dicono fra loro le maschere: che ci può accadere? noi gli sarem dietro, e ad ogni caso saremo i primi a menar le gambe. Così fanno. Il vecchiotto va oltre con sicuro passo; i due bravi odono il calpestio. Alto, ferma, saldi: egli zitto, e avanti. Bestemmiano; ed egli tace e va. Fanno un romore con le arme, che parea rovinasse il mondo; ed egli, giunto ad un certo passo, grida: Ah cani! voi siete morti: sguaina, balza come un cavriuolo, gl’incalza risoluto; essi fuggono e trovansi impaceiati in una via che non avea uscita e il canale da un lato. Domandano la vita: il gagliardo vecchio colla punta loro in sulla gola, facendola giuocare come una lingua di serpente, vuole che balzino in acqua, e a questi patti gli lascia andare. Che potea farsi? i due sgherri si lanciarono dalla riva e si diedero a fuggire a nuoto dalla furia del vecchio, il quale ringuainò, e, come se nulla fatto avesse, se n’andò a’ fatti suoi.


LXXIII.


Si narra come una Giovane si vendicò di un Avvocato linguacciuto che si era fatto beffe del fratello di lei.


In una città sottoposta alla benigna madre dei popoli, Vinegia, è una famiglia nobile e antica, la quale, come portano le infinite rivoluzioni della fortuna, non è oggidì ricca di poderi, nè di quei beni che sono l’ammirazione degli uomini; ma all’incontro regna in essa un’onorata virtù e quella gentilezza che ereditò da’ suoi maggiori. Tre fratelli la com-