Pagina:Novellette e racconti.djvu/200

Da Wikisource.
190 novella lxxxv.

dopo diversi apparecchiamenti, lo fecero scendere nella cantina, dove in una pentola ardeva un certo fuoco verdastro chiaro con loro artifizj composto; e tanto fecero visacci e l’intrattennero con parole e baje, che finalmente la materia posta nella pentola si consumò, e andativi sopra con mille ciurmerie, fecero trovare all’oste in fondo a quella due doble. Pareva già all’oste di essere Mida o Creso, e ardeva d’impazienza di scoprire il tesoro intero, ma vi mancava molto tempo ancora; imperciocchè non erano venuti i punti favorevoli delle stelle, nè si avea tutto fatto acciocchè gli spiriti fossero ubbidienti. L’oro chiama oro, dicevano essi. Quivi si vuole mettere insieme una somma di quattrocento zecchini. Oimè, diceva l’oste, io non gli ho; e rispondevano i ciurmadori: Noi per nostra porzione del tesoro ve ne porremo cento, e ci darai la quarta porzione del tesoro, e ci farai quel vantaggio più, che a te parrà che meritino i nostri pensieri e le fatiche. Bene, dice l’oste, e così sarà fatto. Escono tutti lieti, l’oste pel tesoro, gli altri pel deposito che avea a farsi. Buona notte di qua, buona notte di là. L’oste incomincia a fantasticare in qual forma abbia a premere da tutte le facoltà sue trecento zecchini. In pochi giorni vende quanto ha di argento, di grani, di vino e di ogni cosa, tutto a buon mercato. Egli sel vedea: Ma che? diceva fra sè, io non ho mai venduto sì caro. Questa è la più grassa investita che uomo possa fare. L’argento mio fra poco sarà cambiato in oro, ogni granello di biada e ogni gocciola di vino sarà una dobla; e io avrò in breve terminato di esser oste. Così dicendo e facendo, ecco ch’egli ha accumulate le monete richieste dagli spiriti; e va a’ truffatori dicendo: Quando voi volete, ogni cosa è in pronto. Tu hai fatto da valentuomo, rispondono essi; noi abbiamo il restante. Quel che si ha a fare, si faccia, perchè le stelle vanno avanti, e noi già siamo presso che a’ punti stabiliti. Ma vedi bene sopra tutto, che mai di tal cosa non ne uscisse sentore nel volgo; sarebbe rovinata ogni faccenda, e