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novella vii. 239

sacco e tinse col sangue di questa bestia le vesti del figliuolo; ed avendo in tal forma ordinato ogni cosa, rimise l’effettuarla alla notte. Allora prese il sacco, in cui era il corpo del montone, ne caricò le spalle al giovane da lui ammaestrato di quello che avesse a fare, ed in tal modo acconci uscirono l’uno e l’altro di casa.

Il giovane picchia all’uscio di uno de’ suoi cinquanta amici, che in fretta apre, e gli dimanda per qual cagione sia venuto. Nelle disgrazie, rispose il figliuolo del mercatante, si provano le persone, alle quali si porta amore. Spesse volte mi avrai udito parlare di una nimicizia che regnava fra la mia famiglia e quella di un signore della corte: fece il caso che ci riscontrammo in un luogo solitario; l’odio ci pose le arme in mano; l’atterrai morto a’ miei piedi. Temendo di essere dalla giustizia inseguito, presi il corpo morto e lo posi in questo sacco che ora vedi sulle mie spalle: io ti prego che tu tenga celato questo cadavere in tua casa finchè l’affare sia sopito. La casa mia è così picciola, gli rispose l'amico con viso malinconico ed impacciato, che appena può contenerci quei vivi che sono in essa: come vuoi tu che io vi alloghi un morto? Sa ognuno il rancore e l’odio fra te e quel signore che hai ammazzato: tu verrai in un momento sospettato per l’uccisore, si faranno esami, ed essendo pubblica l’amicizia nostra, si comincerà dal fare l’inchiesta in mia casa, e non ti farebbe pro impacciarmi della tua disgrazia: io non potrei farti per ora migliore servigio, che tenerti segreto.

Il giovane prega e riprega di nuovo: parlò ad un sordo: e non isperando omai più di piegare l’animo di quell’ingrato, andò da uno in uno a ritrovare quei cinquanta, nei quali mattamente si era fondato, e cinquanta volte ebbe la stessa accoglienza.

Vedi finalmente, o figliuol mio, diss’egli il mercatante, il poco conto che si dee fare degli uomini. Dov’è andato il fervore di coloro ch’erano da te con altissime lodi esaltati? tutti nella tua disgrazia ti