Pagina:Novellette e racconti.djvu/256

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246 novella x.

fastidio. Si riscontrò a sorte nel nostro mercatante, e poco andò che furono insieme d’intelligenza un uomo che cercava i passatempi ed una femmina che avea in odio la suggezione. Non sì tosto il galantuomo ebbe condotta a casa sua l’acquistata preda, che quivi la rinchiuse per andarsene a provvederla per la città di una colezione.

Ma molti sono gl’impacci che si trovano per via. Eccoti che un maladetto creditore prende al collo il povero innamorato, che per non poter pagare si trovò obbligato ad andarne prigione: onde lo sfortunato debitore, più addolorato ancora della perduta occasione, che della disgrazia ond’era colpito, pregò uno degli amici suoi da lui riscontrato per caso, ch’egli se ne andasse a trar fuori dal chiuso la cagione del suo affanno, scongiurandolo sopra ogni cosa, che tenesse segreta la sua mala ventura. Perciò, datagli la chiave della casa, gli fece caldissima istanza d’informarnelo della riuscita della sua commissione.

L’officioso amico corre alla casa dell’incarcerato; ma oh, qual fu la sua improvvisa maraviglia, quando, aperto l’uscio, riconobbe la sua fedele, anzi pure infedele sposa, che gli correva all’incontro! Pensi chi legge qual fosse lo sbalordimento dell’uno e dell’altra. Il pover’uomo ogni altra cosa avea in pensiero, che di essere andato a prestare quel buon offizio alla moglie, e a lei non potea mai cadere in mente che il marito fosse venuto a coglierla in casa del suo amante.

Dopo infiniti rimproveri, la giovane, che pur cercava di liberarsi da disgrazie maggiori, disse al povero ingannato marito: Ogni cosa fa qui testimonianza contro di me, e così grande è l’error mio, ch’io non potrei sperarne il perdono; ma mentre che prendete vendetta di me, sovvengavi che io sono moglie vostra, e che il mettere la cosa in bocca degli uomini e farne romore, ricascherebbe sopra di voi: facilmente si può salvare il vostro ed il mio onore. Consentiamo di far divorzio, e facciamo che