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52 novella xxix.

il caso: eccoti nuovi guai: chi la chiama pazza, chi rivuole il suo. Viene a casa il marito, ode la faccenda come sta, e non bada al suo buon cuore e all’intenzione ch’ella avea di arricchirlo, ma la concia con le pugna: e intanto la maladetta Fata, che con la destrezza delle mani trafugò l’oro nell’atto del riporlo, insegna ch’egli è meglio stentare con quel poco che si possiede, che perdere anche quello per la speranza del meglio.


XXIX.


Ladro che portò sul fatto la pena del suo delitto.


Nella bottega dell’ottimo fabbricatore di cristalli Giuseppe Briatti stavansi ne’ giorni scorsi varie maschere vagheggiando quegli artificiosi lavori. Mentre che tutti erano quivi attenti, eccoti che un signore sente una mano calarsi nella sua tasca, in cui avea parecchi zecchini; onde, messavi di subito anche la sua per riparare al caso, abbrancò la mano del ladro e la tenne salda. Questi sbigottito trae fuori subito la sua, onde gli caggiono tre zecchini in terra. Dice il galantuomo: Ricoglili con l’altra mano e dammi i miei danari, ladrone. Costui si abbassa, glieli coglie e glieli dà. Tutte le maschere gli sono intorno, e ognuno dice la sua; tenendo sempre l’uomo dabbene saldo il ladro per la mano e svillaneggiandolo per lasciarlo andare. Dice una delle maschere: Per consolazione de’ circostanti, vostra signoria dia almeno quattro guanciate a costui. Gliele dà, ma piano. Per favore, ripetono le maschere, un poco più forte. Cresce. In verità, dicono gli astanti, questi bricconi meritano castigo, e vostra signoria lo tratta troppo dolcemente: dovrebbe riscaldarsi. Allora zomba più gagliardamente, e a poco a poco sì lo stimolarono, che crescendogli la furia, gli diede tante pugna, schiaffi e calci, che quasi lo disfece, sicchè appena il ladro si fuggì vivo, lasciato in