Pagina:Nuovi poemetti.djvu/223

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pietole 207

175nel liscio specchio la boscaglia verde.
Sul mezzodì videro un colle sparso
di pochi tetti; ma quel dì la gente
cingea col re, lunghesso il fiume, un’ara,
l’ara più grande. Ed in due cori i Salii,
180giovani e vecchi, avendo al capo rami
di pioppo bianco, dissero un lor canto,
tripudïando, al domator dei mostri
e della morte, ad Ercole sereno,
al vïandante pacificatore,
185armato appena d’un fortuito tronco
d’albero, Ercole nudo, Ercole solo,
figlio del cielo, ma nè dio nè re.


xii


E il re pastore e il povero senato
davano incensi all’ara, un tempo e sempre
190massima. E il re nel grande Pallantèo
scotean dal sonno i passeri annidati
sotto la stoppia della sua capanna.
Erano scorta, al re per via, due cani.
Pascean nel Foro e nelle vie di Roma
195mandre di bovi ad or ad or mugghianti;
ed echeggiava il Campidoglio ai mugghi.
Ed era tutto una silvestre macchia
il Campidoglio, e ruderi, tra i bronchi,
grandi giacean d’una città distrutta.
200Roma era morta, e ancor dovea, l’eterna,