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così: «Il viaggio dei fiorentini arriva fino alla Madonna della Tosse» — vale a dire, venticinque o trenta metri distante dalla città.

I viaggiatori più audaci, di cui possa vantarsi Firenze, sono quei primi argonauti che tentarono risalire il fiume Arno fino alle falde ciclopiche e inospitali dell’ultima Compiobbi, e quei pochi avventurieri di terraferma, che, nella seconda metà del secolo scorso, per una folle ambizione di scoprire nuovi continenti e nuovi arcipelaghi, non esitarono a spingersi arditamente fino all’estremo lembo di quelle regioni iperboree, chiamate dai geografi «le Cascine».

Un solo fiorentino, da quanto racconta la storia, rinnegando gli usi e le costumanze sedentarie del suo paese, osò avventurarsi in un lunghissimo viaggio al di là dei mari! e lo sciagurato non aveva nemmeno la scusa di essere un cassiere!

Le cronache del tempo ci conservarono il nome di questo grande imprudente; si chiamava Amerigo Vespucci. Per altro, il giusto Iddio non volle lasciare impunita tanta temerità, e condannò il Vespucci a essere cantato in ottava rima dalla signora Amalia Paladini. Speriamo che questo segno manifesto della collera divina possa servire di lezione ai nostri figli e ai figli dei nostri figli!

Il viaggio più lungo e più pericoloso, che si trovi rammentato nelle effemeridi fiorentine di quarant’anni fa, era il viaggio da Firenze a Livorno.