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ODE ISTMICA II 85

chia (27). — Come altrove ad un arciere, qui il poeta è paragonato ad un discobolo: il canto sarà qui disco, come lí saetta (37). — Piú strana è la metafora che segue. La mensa è una nave. Se il vento (dell’ospitalità) soffia nelle vele, gli ospiti scialano: si trovano male se il vento cade e le vele si sgonfiano. Alla mensa di Senocrate non mancò mai vento: e andò d’estate sino al Fasi, a Nord, dove c’è fresco: d’inverno sino al Nilo, in clima temperato. Fa un po’ ridere, ma è immaginoso. Quel che dice dei propri versi, che non li ha scritti perché rimanessero lí fermi, bensí perché girassero il mondo, è languida eco della immagine mirabilmente svolta qualche anno prima nel preludio della Nemea V. E Nicasippo, infine, è la persona a cui è affidata l’ode perché la porti a chi la deve ricevere, e forse perché ne diriga, in assenza del poeta, l’esecuzione. Un collega, dunque, dell’Enea di cui si parla nella Olimpia VI.

Quest’ode, come ho già accennato, non è un epinicio, bensí una epistola consolatoria. E non ha mito.