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ODE NEMEA IX 107



VI


prima che, a tergo colpendolo con l’asta, l’onor suo guerresco
potesse macchiar Periclímeno. Ché quando nei cuori terrore
infondono i Numi, anche i figli
fuggon dei Numi. — Croníde, stia lunge, se tanto i miei voti
possono, questo cimento feroce di vita e di morte,
di lance sanguinee: concedi,
ti prego, durevole sorte, durevoli leggi agli Etnèi.

VII


Giove, e di feste magnifiche partecipe il popolo sia:
ché di corsieri son vaghi qui gli uomini; e l’alme dispregiano
ricchezze. Incredibile cosa!
Poi che buon nome ed onore spariscon, se il lucro li soffoca.
Ma se tra fanti e cavalli, tra zuffe di mare, pugnato
a lato di Cromio tu avessi,
avresti ben dato giudizio se rigido fosse il suo cuore:

VIII


ché solo Onor nelle pugne fu il Nume che il petto gli armava,
sí che le lance ed il lutto d’Eníalo tenesse lontani.
Ben pochi la nube di strage
presso a piombar, sanno provvidi, con opra di senno e di mano,
sopra i nemici stornare. Raccontan che ad Ettore gloria
fiorí di Scamandro vicino
ai flutti: vicino alle rive scoscese rupestri d’Elòro,