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Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/180

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ODE PITIA III 145


la cara salute, ed il canto ch’è luce pei serti di Pito
che ottenne Ferènico un giorno, vincendo nei giuochi di Cirra,
io credo che sopra gli abissi del mare profondi
a lui giungerei piú fulgente d’un astro del cielo.


Antistrofe

Bene io pregar voglio la Madre
cui presso al vestibolo della mia casa le vergini a notte
invocano, Dea veneranda,
insieme con Pane. Se bene tu intendi
il fiore dei detti, o Ierone, appreso hai tu ciò dagli antichi:
due mali vicino ad un bene partiscono i Superi agli uomini.
E questo non sanno gli stolidi in pace soffrire;
ma il soffrono i buoni; e in rilievo sol pongono il bene.


Epodo

Un fato di beatitudine te segue. Tu sire,
tu duce. Su te pose il guardo
se mai sovra alcun dei mortali, sublime destino.
Ma incolume vita non ebbe
né d’Èaco il figlio, né Cadmo divino,
che pure sortirono, dicesi, fra gli uomini eccelsa fortuna.
Ché quando sposarono, un d’essi la diva occhiazzurra Armonia,
e Tètide l’altro, la figlia di Nèreo saggissimo, udirono
a Tebe e su l’Ida cantare le Muse dagli aurei serti,

Pindaro - Le Odi, 1 - 10