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ODE PITIA IV | 215 |
VI
Strofe
«Ma ben v’è nota la somma di questi discorsi.
«Or dei miei padri dai bianchi corsieri le case mostratemi,
«nobili concittadini. Figliuolo d’Esóne, è mia patria
«questa ove io giungo, non terra straniera. Solea la divina
«fiera chiamarmi Giasone». Cosí favellò. — Come giunse,
lui ben conobbero gli occhi del padre. Dai cigli vetusti
lagrime ardenti stillarono; e gioia lo invase; ché bello
piú d’ogni mortale, vedeva suo figlio.
Antistrofe
Corse la fama. Ed entrambi d’Esóne i fratelli
vennero ad essi. Ferète da presso, dal fonte d’Ipèria:
Amitaòn da Messene; e, fidi al cugino, pure essi
presto Melanto ed Admeto correvano. A mensa imbandita,
con amorevoli detti, li accolse Giasone, di ricchi
doni fe’ gli ospiti lieti, profuse per cinque continui
giorni, per cinque continue notti ogni gaudio, falciando
i petali sacri di vita e di gioia.
Epodo
Ma gravi detti nel sesto parlò: dal principio i congiunti
rese partecipi d’ogni disegno. Assentirono; e súbito
sursero via dalle tende, di Pelia al palagio pervennero,
ruppero dentro. E il figliuolo di Tiro chiomata li udí,
si fece a lor contro. E Giasone, con voce soave stillando
parole tranquille, gittò
le basi di saggio discorso. «Figliuolo del Nume di Petra,