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260 LE ODI DI PINDARO


padre Giove fu sensibile a quest’omaggio; e, addensata una nuvola gialla, fece piovere sull’isola oro a profusione. E, per grazia d’Atena, i Rodiesi eccelsero nelle arti fra tutti gli uomini; e le loro vie si popolarono di statue simili alle creature semoventi.

Cosí vivevano gl’indigeni di Rodi, i generati dalla Ninfa e dal Sole, quando la loro terra fu invasa da genti elleniche.

Nell’Argolide, in Tirinto, regnava Tlepolemo figliuolo d’Eracle — quindi discendente in linea retta da Giove — e d’Astidamia, figlia di Amintore, re dei Dolopi in Tessaglia. Un giorno, salito in ira, Tlepolemo uccise con un colpo di mazza lo zio Licimnio. Si recò allora a consultare l’oracolo di Delfi, come potesse purgarsi dall’omicidio. E Apollo gli rispose che salpasse subito dalle spiagge di Lerna, e si recasse al «pascolo cinto dal mare, dove una volta il re dei Numi aveva inondata la città coi fiocchi d’un’aurea neve». L’oracolo era ben chiaro. Rodi. E a Rodi mosse Tlepolemo; e cosí incominciò nell’isola la dominazione argiva. E ad espiazione della sciagura toccata a Tlepolemo furono istituiti nell’isola sacrifici solenni e gare agonali.

È assai facile vedere come ciascuno di questi miti adombri un fatto. E il primo di essi è in verità sorprendente.

Rodi deve la sua origine a un gran sollevamento calcareo onde emersero dall’oceano la Grecia, l’Egeo, l’Asia Minore, e tutta la penisola balcanica fino al Carso. «Il tempo occorso alle alghe ed agli animali marini per ammassare, coi loro avanzi, quelle pile calcaree di migliaia dì metri di spessore, non si conta piú per decine e centinaia di migliaia, ma per decine e centinaia di milioni di anni. Ed un altro lasso enorme di tempo fu necessario, perché le forze isostatiche della crosta planetaria durante l’era terziaria premessero quelle stratificate ingenti pile calcaree, le spezzassero, le sollevassero e