Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/308

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ODE OLIMPIA VII 269




Antistrofe

E Lachèsi dall’aurëo velo pregò che le palme
su alto levasse, e giurasse
di non vïolare
il gran giuramento dei Numi, ma insieme assentisse col figlio
di Crono, che l’isola, a luce venuta, perenne retaggio suo fosse. — Caduti nel vero,
quei voti fiorirono. E l’isola dall’umido gorgo sbocciò.


Epodo

Ed or sua la tiene il Signore che genera i raggi corruschi,
che guida i cavalli dal fiato di fiamma. E qui un giorno s’uní
con Rodi; e ne nacquero sette figliuoli, le menti piú sagge
che fosser fra gli uomini prischi.
E un d’essi fu padre a Ialíso, che primo gli nacque, e a Camíro, e a Lindo. E divisero il regno.
La terra paterna in tre parti divisero; ognuno una rocca
si tenne; ed ancor dai lor nomi le sedi derivano il nome.


V


Strofe

A espiar la fatale sciagura, pel re dei Tirinzi
Tlepòlemo, un dolce compenso,
come uso è pei Numi,
è qui stabilito: un corpo che fumiga d’ostie, e un giudizio
d’agoni; i cui fiori tre volte Diàgora cinse alle chiome; e quattro nell’Istmo famoso;
e l’una su l’altra a Nemea, e sovra le rocce d’Atene.