Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/7

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VIII PREFAZIONE

posizioni di Pindaro sopravvissute quasi intatte, costituivano solo una parte dell’opera sua vastissima; e si vedrà contro quanti ostacoli debba lottare chi voglia farsi una piena idea dell’arte di Pindaro.

E tuttavia, il materiale che possediamo è sufficiente per una degna valutazione. Se ancora non l’abbiamo, se è possibile che anche ai giorni nostri perduri la negazione e lo scherno contro uno dei piú grandi poeti dell’umanità, la colpa è della critica filologica, la sola che possedeva gli indispensabili elementi, e che, a giudicar Pindaro, adoperò moduli che convenivano ad altre misurazioni. Benemerita per le materiali illustrazioni e delucidazioni del testo, quando poi giungeva al compito, indeclinabile dinanzi ad un’opera così ardua, di cercarne l’intima essenza, o abdicava, o si sviava nelle mille aberrazioni per cui s’è resa tristamente famosa la critica filologica, e specialmente la critica filologica classica. Due moderni ellenisti, Alfredo Croiset e Giuseppe Fraccaroli, hanno spezzato quella tradizione, ed hanno studiato Pindaro con sensibilità artistica, e con tensione di pensiero. Ma il primo ha, piú che altro, raccolti e sistemati i vari elementi dell’arte pindarica, anziché indagarne la genesi e stabilirne il carattere. Il Fraccaroli, che pure, secondo me, ha svelato Pindaro ai moderni, s’è troppo diffuso in problemi d’indole generica e filosofica. D’altra parte, proprio ai nostri giorni, una critica filologica prosuntuosa e cieca ha voluto tentare una sua riscossa, sostenendo, con gli esempi e con la teoria, che il vero segreto per intendere la poesia di Pindaro consista nello stabilire con matematica precisione le parentele dei vincitori d’Olimpia, o i pettegolezzi che accompagnavano le loro vittorie, o simili altre quisquilie; e sentenziando che Pindaro sia grande per la solennità della sua morale, e non già per la sua arte, nella quale sarebbe invece debolissimo, a cominciar dall’uso della lingua. Contro questa arrogante stu-