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190 LE ODI DI PINDARO


nella battaglia, ma ricondurrebbe a casa cadavere il figlio Egialeo (57-72).

Ed Alcmeone è vicino di Pindaro e suo tesoriere. Cioè la casa di Pindaro è vicina ad un santuario di Alcmeone, dove il poeta ha depositato ogni suo bene. E mentre Pindaro si avviava a Pito, cioè si accingeva a cantare Aristomene, Alcmeone gli predisse che il giovine vincitore avrebbe avuto un avvenire anche piú glorioso (72-78).

E Febo, maestro dell’arte profetica, ha concesso ad Aristomene una vittoria a Pito, e un’altra già glie ne aveva accordata ad Egina. Adesso conceda ispirazione a Pindaro, ed esaudisca i suoi voti per la famiglia di Senarco (79-94).

Gli sciocchi ammirano chi con poca fatica guadagna la fortuna, e attribuiscono a sua saggezza il buon esito. Ma l’esito d’ogni cosa, buono o cattivo, lo determinano i Numi. Questi concessero ad Aristomene tre vittorie (95-105). E mentre i fanciulli vinti da lui tornarono a casa pieni di vergogna, egli, per il suo successo, schiude le ali a piú grandi speranze (106-120).

La fortuna presto cresce, presto sparisce. Gli uomini vivono un giorno. Ma se un Nume piove su loro la sua luce, godono celebrità e vita beata.

Preghiera ad Egina, la Ninfa protettrice, perché conceda agevole corso (come ad una nave) all’isola che da lei prende il nome.

— Il lucro, al solito è personificato (17): e, quindi, semovente, e può abbandonare spontaneamente un luogo od esserne tratto fuori a forza. — L’agone (21 sg.) vien considerato come il giuoco dei dadi: nel quale ogni punto aveva un nome: il massimo era detto delle Càriti. E appunto questo numero, dice Pindaro, ha estratto Igina in questo agone. — La gesta di Aristomene è anch’essa fatta persona; e si posa ai piedi del poeta (41). — La fortuna è una pianta (120): germoglia