Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) II.djvu/236

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PEANI 227

quante volte con Palla! E se Febo
non l’avesse protetta, ben prima
di tanti travagli,
cadeva la rocca di Dàrdano.
Ma sopra le nuvole d’oro
d’Olimpo, e sui vertici, Giove,
che vigila i Numi, sedendo,
non osò render vano il Destino.
Voleva il Destin che per Elena dall’alta cesarie
la fiamma del fuoco avvampasse,
distruggesse la rocca di Pèrgamo.
Poi ch’ebber con molti compianti
nella tomba composto il Pelíde,
gagliardo cadavere, mossero
sui flutti del pelago, giunsero
a Sciro; e con sé Neottòlemo
possente condussero,

Epodo II

che d’Ilio distrusse la rocca.
Ma poi, né la madre diletta
vide piú, né pei campi degli avi
eccitò dei cavalli Mirmídoni
le schiere coperte di bronzo.
Ma giunse alla terra Molòsside,
nei pressi del Tòmaro, e i venti
non seppe deludere,
né il Dio che lontano saetta.
Apollo giurò
che l’uomo che Priamo
aveva sgozzato, mentr’egli
cercava rifugio
all’ara di Giove domestico,