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270 LE ODI DI PINDARO


ENCOMIO II

Questo brao appartiene ad un encomio scritto per Alessandro Filelleno. I primi tre versi sono riportati dallo scoliaste alla Nemea VII di Pindaro; gli altri due da Dionigi d’Alicarnasso.


Dei beati Dardànidi omonimo,
ardito figliuolo d’Aminta,
pei prodi conviene intonare
i canti piú belli.
Ché quanto si canta soltanto
perviene ad onore immortale;
e l’opera bella,
taciuta, si spenge.


ENCOMIO III

Il ricco Senofonte di Corinto, concorrendo ai giuochi olimpici, nel 466, aveva fatto voto che, se fosse riuscito vincitore, avrebbe offerto una schiera di cento ieròdule o cortigiane sacre. Esaudito, mantenne. E Pindaro, che aveva già scritto per lui l’epinicio (Olimpia XIII), compose anche l’encomio di accompagnamento per la turba delle fanciulle.

Il frammento è d’incomparabile vaghezza, e presenta speciale interesse, perché ci presenta un Pindaro insolito, lontano da ogni gravità e da ogni solennità. Ed egli stesso, con molto spirito, si chiede che cosa diranno i Corinzi nel vedere questo suo nuovo atteggiamento.