Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) II.djvu/36

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ODE ISTMIA VII 33



Epodo

dal suolo diletto, e a sterminio
affronta i nemici, che gloria
ai suoi conterranei da vivo e da morto
procura. E tu, d’Ettore, d’Anfïarào,
del forte guerrier Meleagro le gesta emulando,
figliuol di Dïòdato,
il vivido fiore degli anni spirasti, pugnando


III


Strofe

nelle file primiere, ove i forti
al cozzo di guerra opponevano l’estreme speranze.
E me non dicibile cruccio percosse. Ma ora
il Nume che cinge la terra
mi die’, dopo il nembo, il sereno. E canto, e di frondi mi cingo.
Né invidia dei Numi distrugga


Antistrofe

il piacer ch’io proseguo di giorno
in giorno, con placido cuore movendo a vecchiaia
e al termin fatale. Ché varia è la sorte, ma tutti
ci attende la morte. E chi troppo
agogna, il suo passo è pur breve, per giungere al seggio di di bronzo
dei Superi; e Pegaso alato