Io, l’Itacese rammentando, i molti
Dicea disagi, ch’ei per me sostenne;195
E il giovane piovea lagrime amare
Giù per le guance, e col purpureo manto,
Che alzò ad ambe le man, gli occhi celava.
E Pisistrato allor: Nato d’Atréo,
Di Giove alunno, condottier d’armati,200
Eccoti appunto di quel Grande il figlio.
Ma verecondo per natura, e giunto
Novellamente, gli parrebbe indegno
Te delle voci tue fermar nel corso,
Te, di cui, qual d’un Dio, ci beano i detti.205
Nestore, il vecchio genitor, compagno
Mi fece a lui, che rimirarti in faccia
Bramava forte, onde poter dell’opra
Giovarsi, o almen del tuo consiglio. Tutti
Que’ guai, che un figliuol soffre, a cui lontano210
Dimora il padre, nè d’altronde giunge
Sussidio alcun, Telemaco li prova.
Il genitor gli falla, e non gli resta
Chi dal suo fianco la sciagura scacci.
Numi! riprese il Re dai biondi crini,215
Tra le mie stesse mura il figlio adunque
D’uomo io veggio amicissimo, che sempre
Per me s’espose ad ogni rischio? Ulisse