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134 odissea

Mi vedete un eroe da me serbato,
Che solo stava in su i meschini avanzi170
Della nave, che il telo igneo di Giove
Nel mare oscuro gli percosse, e sciolse.
Io raccogliealo amica, io lo nutria
Gelosamente, io prometteagli eterni
Giorni, e dal gel della vecchiezza immuni.175
Ma quando troppo è ver, che alcun di Giove
Precetto vïolare a un altro Nume
Non lice, od obbliar, parta egli, e solchi,
Se il comandò l'Egidarmato, i campi
Non seminati. Io nol rimando certo:180
Chè navi a me non sono, e non compagni,
Che del mare il carreggino sul tergo.
Ben sovverrogli di consiglio, e il modo
Gli additerò, che alla sua dolce terra
Su i perigliosi flutti ei giunga illeso.185
     Ogni modo il rimanda, l'Argicida
Soggiunse, e pensa, che infiammarsi d'ira
Potrebbe contra te l'Olimpio un giorno.
E sul fin di tai detti a lei si tolse.
     L'augusta Ninfa, del Saturnio udita190
la severa imbasciata, il prode Ulisse
Per cercar s'avviò. Trovollo assiso
Del mar in su la sponda, ove le guance