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142 odissea

Fer dunque i Numi? Ei già la terra vede
De’ Feaci, che il fato a lui per meta370
Delle sue lunghe disventure assegna.
Pur molto, io credo, a tollerar gli resta.
     Tacque; e, dato di piglio al gran tridente,
Le nubi radunò, sconvolse l’acque,
Tutte incitò di tutti i venti l’ire,375
E la terra di nuvoli coverse;
Coverse il mar: notte di ciel giù scese.
S’avventaro sul mar quasi in un groppo
Ed Euro, e Noto, e il celebre Ponente,
E Aquilon, che pruine aspre su l’ali380
Reca, ed immensi flutti innalza e volve.
     Discior sentissi le ginocchia, e il core
Di Laerte il figliuol, che tal si dolse
Nel secreto dell’alma: Ahi me infelice!
Che di me sarà omai? Temo, non torni385
Verace troppo della Ninfa il detto,
Che al patrio nido io giungerei per mezzo
Delle fatiche solo e dell’angosce.
Di quai nuvole il ciel ampio inghirlanda
Giove, ed il mar conturba? E come tutti390
Fremono i venti? A certa morte io corro.
Oh tre fïate fortunati e quattro,
Cui perir fu concesso innanzi a Troja,