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Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/185

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170 odissea

Su le cui rive tutti in lunga fila
Posan dal mare i naviganti legni.370
Tra un porto, e l’altro si distende il foro
Di pietre quadre, e da vicina cava
Condotte, lastricato; e al foro in mezzo
L’antico tempio di Nettun si leva.
Colà gli arnesi delle negre navi,375
Gomene, e vele, a racconciar s’intende,
E i remi a ripolir: chè de’ Feaci
Non lusingano il core archi, e faretre,
Ma veleggianti e remiganti navi,
Su cui passano allegri il mar spumante.380
Di cotestoro a mio potere io sfuggo
Le voci amare, non alcun da tergo
Mi morda, e tal, che s’abbattesse a noi,
Della feccia più vil, Chi è, non dica,
Quel forestiero, che Nausíca siegue,385
Bello d’aspetto, e grande? Ove trovollo?
Certo è lo sposo. Forse alcun di quelli,
Che da noi parte il mar, ramingo giunse,
Ed ella il ricevè, che uscia di nave:
O da lunghi chiamato ardenti voti390
Scese di cielo, e le comparve un Nume,
Che seco riterrà tutti i suoi giorni.
Più bello ancor, se andò ella stessa in traccia