Vai al contenuto

Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/215

Da Wikisource.
200 odissea

Che s’accogliea, bionde, e canute teste,
Una turba infinita. Il Re quel giorno70
Diede al sacro coltel dodici agnelle,
Otto corpi di verri ai bianchi denti,
E due di tori dalle torte corna.
Gli scojâr, gli acconciâr, ne apparecchiaro
Convito invidïabile. L’araldo75
Ritorno feo, per man guidando il vate,
Cui la Musa portava immenso amore,
Benchè il ben gli temprasse, e il male insieme:
Degli occhi il vedovò, ma del più dolce
Canto arricchillo. Il banditor nel mezzo80
Sedia d’argento borchiettata a lui
Pose, e l’affisse ad una gran colonna:
Poi la cetra vocale a un aureo chiodo
Gli appese sovra il capo, ed insegnògli,
Come a staccar con mano indi l’avesse.85
Ciò fatto, un desco gli distese avanti
Con panier sopra, e una capace tazza,
Ond’ei, qual volta nel pungea desio,
Del vermiglio licor scaldasse il petto.
     Come la fame rintuzzata, e spenta90
Fu la sete in ciascun, l’egregio vate,
Che già tutta sentiasi in cor la Musa,
De’ forti il pregio a risonar si volse,