Tutto ei compenserà, com’è ragione.
Questo, rispose il Dio dai piè distorti470
Al Tridentier dalle cerulee chiome,
Non ricercar da me. Triste son quelle
Malleverie, che dannosi pe’ tristi.
Come legarti agl’Immortali in faccia
Potrei, se Marte, de’ suoi lacci sciolto,475
Del debito, fuggendo, anco s’affranca?
Io ti satisfarò, riprese il Nume,
Che la terra circonda, e fa tremarla.
E il divin d’ambo i piè zoppo ingegnoso:
Bello non fora il ricusar, nè lice.480
Disse, e d’un sol suo tocco i lacci infranse.
Come liberi fur, saltaro in piede,
E Marte in Tracia corse: ma la Diva
Del riso amica, riparando a Cipri,
In Pafo si fermò, dove a lei sacro485
Frondeggia un bosco, ed un altar vapora.
Qui le Grazie lavaro, e del fragrante
Olio, che la beltà cresce de’ Numi,
Unsero a lei le delicate membra:
Poi così la vestîr, che maraviglia490
Non men, che la Dea stessa, era il suo manto.
Tal cantava Demodoco; ed Ulisse,
E que’ remigator forti, que’ chiari