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Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/273

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258 odissea

Voglial, mi sanerà, non altri, io credo,
Tra i mortali nel Mondo, o in ciel tra i Numi.670
     Oh! così potess’io, ratto ripresi,
Te spogliar della vita, e negli oscuri
Precipitar regni di Pluto, come
Nè da Nettuno ti verrà salute.
     Ed ei, le palme alla stellata volta675
Levando, il supplicava: O Chiomazzurro,
Che la terra circondi, odi un mio voto.
Se tuo pur son, se padre mio ti chiami,
Di tanto mi contenta: in patria Ulisse
D’Itaca abitator, figlio a Laerte,680
Struggitor di cittadi, unqua non rieda.
E dove il natio suolo, e le paterne
Case il destin non gli negasse, almeno
Vi giunga tardi, e a stento, e in nave altrui,
Perduti in pria tutti i compagni, e nuove685
Nell’avita magion trovi sciagure.
     Fatte le preci, e da Nettuno accolte,
Sollevò un masso di più vasta mole,
E, rotandol nell’aria, e una più grande
Forza immensa imprimendovi, lanciollo.690
Cadde dopo la poppa, e del timone
La punta rasentò: levossi al tonfo
L’onda, e il legno coprì, che all’isoletta,