Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/296

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libro decimo 281

Degl’immortali Dei giuro, che nulla
Più non sarai per macchinarmi a danno.445
Dissi; e la Dea giurò. Di Circe allora
Le belle io salsi maritali piume.
     Quattro serviano a lei nel suo palagio
Di quelle Ninfe, che dai boschi nate
Sono, o dai fonti liquidi, o dai sacri,450
Che devolvonsi al mar, rapidi fiumi.
L’una gittava su i politi seggi
Bei tappeti di porpora, cui sotto
Bei tappeti mettea di bianco lino:
L’altra mense d’argento innanzi ai seggi455
Spiegava, e d’oro v’imponea canestri:
Mescea la terza nell’argentee brocche
Soavissimi vini, e d’auree tazze
Copria le mense: ma la quarta il fresco
Fonte recava, e raccendea gran fuoco460
Sotto il vasto treppiè, che l’onda cape.
Già fervea questa nel cavato bronzo,
E me la Ninfa guidò al bagno, e l’onda
Pel capo mollemente, e per le spalle
Spargermi non cessò, ch’io mi sentii465
Di vigor nuovo rifiorir le membra.
Lavato, ed unto di licor d’oliva,
E di tunica, e clamide coverto,