Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/317

Da Wikisource.
302 odissea

Quel dì, che un altro pellegrino, a cui
T’abbatterai per via, te quell’arnese,170
Con che al vento su l’aja il gran si sparge,
Portar dirà su la gagliarda spalla,
Tu repente nel suol conficca il remo.
Poi, vittime perfette a Re Nettuno
Svenate, un toro, un arïete, e un verro,175
Riedi; e del cielo agli abitanti tutti
Con l’ordine dovuto offri ecatombe
Nella tua reggia, ove a te fuor del mare,
E a poco a poco da muta vecchiezza
Mollemente consunto, una cortese180
Sopravverrà morte tranquilla, mentre
Felici intorno i popoli vivranno.
L’oracol mio, che non t’inganna, è questo.
     Tiresia, io rispondea, così prescritto,
Chi dubbiar ne potrebbe? hanno i Celesti.185
Ma ciò narrami ancora: io della madre
L’anima scorgo, che tacente siede
Appo la cava fossa, e d’uno sguardo,
Non che d’un motto, il suo figliuol non degna.
Che far degg’io, perchè mi riconosca?190
Ed egli: Troppo bene io nella mente
Lo ti porrò. Quai degli spirti al sangue
Non difeso da te giunger potranno,