Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/321

Da Wikisource.
306 odissea

Come nebbia sottile, o lieve sogno.
Cura più acerba mi trafisse, e ratto,270
Ahi, madre, le diss’io, perchè mi sfuggi
D’abbracciarti bramoso, onde anco a Dite,
Le man gittando l’un dell’altro al collo,
Di duol ci satolliamo ambi, e di pianto?
Fantasma vano, acciò più sempre io m’anga,275
Forse l’alta Proserpina mandommi?
     O degli uomini tutti il più infelice,
La veneranda genitrice aggiunse,
No, l’egregia Proserpina, di Giove
La figlia, non t’inganna. È de’ mortali280
Tale il destin, dacchè non son più in vita,
Che i muscoli tra sè, l’ossa, ed i nervi
Non si congiungan più: tutto consuma
La gran possanza dell’ardente foco,
Come prima le bianche ossa abbandona,285
E vagola per l’aere il nudo spirto.
Ma tu d’uscire alla superna luce
Da questo bujo affretta; e ciò, che udisti,
E porterai nell’anima scolpito,
Penelope da te risappia un giorno.290
     Mentre così favellavam, sospinte
Dall’inclita Proserpina le figlie
Degli eroi compariano, e le consorti,