Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/323

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308 odissea

Che diverrai di bei fanciulli madre,
Quando vane giammai degl’Immortali320
Non riescon le nozze. I bei fanciulli
Prendi in cura, e nutrisci. Or vanne, e sappi,
Ma il sappi sola, che tu in me vedesti
Nettuno, il Nume, che la terra scuote.
Disse; e ne’ gorghi suoi l’accolse il mare.325
     Ella di Neleo e Pelia, ond’era grave,
S’allevïò. Forti del sommo Giove
Ministri, l’un nell’arenosa Pilo,
Nell’ampia l’altro, e di feconde gregge
Ricca Iaolco, ebbe soggiorno, e scettro.330
Quindi altra prole, Esòn, Ferete, e il chiaro
Domator di cavalli Amitaóne,
Diede a Creteo costei, che delle donne
Reina parve alla sembianza, e agli atti.
     Poi d’Asópo la figlia, Antiopa, venne,335
Che dell’amor di Giove andò superba,
E due figli creò, Zeto, e Anfióne.
Tebe costoro dalle sette porte
Primi fondaro, e la munîr di torri:
Chè mal potean la spazïosa Tebe340
Senza torri guardar, benchè gagliardi.
     Venne d’Amfitriòn la moglie, Alcmena,
Che al Saturníde l’animoso Alcide,