Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/406

Da Wikisource.

libro decimoterzo 25

     Ciò non t’affligga, ripigliò la Dea,
Che cilestre in altrui le luci intende.495
Io stessa, nome ad acquistarsi e grido,
Già l’inviava là, ’ve nulla il turba:
Là, ’ve tranquillo, e d’ogni cosa agiato,
Nel regal siede dell’Atride albergo.
So ben, che agguati in nave negra i Proci500
Tendongli, desiando a lui dar morte
Pria, ch’ei torni; ma invan: chè anzi, lui vivo,
Coprirà i suoi nemici, e tuoi, la terra.
     Disse Minerva, e della sua potente
Verga l’eroe toccò. S’inaridisce505
La molle cute, e si rincrespa, rari
Spuntano, e bianchi su la testa i crini;
Tutta d’un vecchio la persona ei prende
Rotto dagli anni, e stanco; e foschi, estinti
Son gli occhi, in che un divin foco brillava.510
Tunica trista, e mala cappa in dosso
L’amica Dea cacciògli, ambo squarciate,
Discolorate, affumicate, e sozze:
Sopra gli vestì ancor di ratto cervo
Un gran cuojo spelato, e nella destra515
Pose bastone; ed una vil bisaccia,
Che in più luoghi s’apria, per una torta
Coreggia antica agli omeri sospese.