Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/414

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libro decimoquarto 33

Caldo e fumante negli stessi spiedi
Recollo, e il pose al Laerziade innanzi,95
E di farina candida l’asperse.
Ciò fatto, e in tazza d’ellera mesciuto
L’umor dolce dell’uva, a lui di fronte
S’assise, e rincorollo in questa forma:
Su via, quel mangia, o forestier, che a servi100
Lice imbandir, di porcelletti carne:
Quando i più grandi corpi, ed i più pingui
Li divorano i Proci, a cui non entra
Pietade in petto, nè timor de’ Numi.
Ma non aman gli Dei l’opre malvage,105
E il giusto ricompensano, ed il retto.
Quelli, che armati su le altrui riviere
Scendono, e a cui tornar Giove consente
Co’ legni carchi alla natia contrada,
Spavento ad essi ancor delle divine110
Vendette passa nel rapace spirto.
Certo per voce umana, o per divina,
Han della morte del mio Re contezza,
Poichè nè gareggiar, come s’addice,
Per la sua donna, nè ai dominj loro115
Voglionsi ricondur; ma gli altrui beni
Senza pudore alcun struggono in pace.
Giove dì, o notte non produce, in cui