Poich’io ti trovo a questi uffici intento,
Pe’ sagrifizj tuoi, pel Dio, cui gli offri,320
Per lo tuo capo stesso, e per cotesti
Compagni tuoi, non mi nasconder nulla
Di quanto io chiederò. Chi, e donde sei?
Dove i parenti a te? e la patria dove?
Stranier, così Telemaco rispose,325
Su i labbri miei non sonerà, che il vero.
Itaca è la mia patria, il padre è Ulisse,
Se un padre ho ancor: quel, di cui forte io temo.
Però con negra nave, e gente fida,
Partii, cercando per diversi lochi330
Novelle di quel misero, cui lunge
Tien dalla patria sua gran tempo il fato.
E il pari ai Dei Teocliméno: Anch’io
Lungi erro dalla mia, dacchè v’uccisi
Uom della mia tribù, che lasciò molti335
Parenti, e amici prepossenti in Argo.
Delle lor man vendicatrici uscito,
Fuggo, e sieguo il destin, che l’ampia terra
Con pie’ ramingo a calpestar mi tragge.
Deh su la nave tua me supplicante340
Ricovra, e da color, che vengon forse
Su i miei vestigi, tu, che il puoi, mi salva.
Il prudente Telemaco di nuovo: