Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/472

Da Wikisource.

libro decimosesto 91

Dar voglio, e là inviarlo, ov’ei desia.
Che se a te piace ritenerlo, e cura95
Prenderne, io vesti, e d’ogni sorta cibi,
Perchè te non consumi, e i tuoi compagni,
Qua manderò. Ma, ch’ei s’accosti ai Proci,
Che d’ingiurie il feriscano, e d’oltraggi
Con dolor mio, non sarà mai ch’io soffra.100
Che potria contro a tanti, e sì valenti
Nemici un sol, benchè animoso, e forte?
     Nobile amico, così allora Ulisse,
Se anco a me favellare or si concede,
Il cor nel petto mi si rode, udendo105
La indegnitade in tua magion de’ Proci,
Mentre di tal sembiante io pur ti veggo.
Cedi tu volontario? O in odio forse
Per l’oracol d’un Dio t’ha la cittade?
O i fratelli abbandonanti, cui tanto110
S’affida l’uom nelle più dure imprese?
Perchè con questo cor l’età mia prima
Non ho? Perchè non son d’Ulisse il figlio?
Perchè Ulisse non son? Vorrei, che tronco
Per mano estrana mi cadesse il capo,115
S’io, nella reggia penetrando, tutti
Non mandassi in rovina. E quando ancora
Me soverchiasse l’infinita turba,