Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/572

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libro decimonono 191

Sì, mi tenesti alla tua poppa un giorno,
E nell’anno ventesimo, sofferte595
Pene infinite, alla mia patria io venni.
Ma, poichè mi scopristi, e un Dio sì volle,
Taci, e di me qui dentro altri non sappia:
Però ch’io giuro, e non invan, che s’io
Con l’ajuto de’ Numi i Proci spegno,600
Nè da te pur, benchè mia balia, il braccio,
Che l’altre donne ucciderà, ritengo.
     Figlio, qual mai dal core osò parola
Salirti in su le labbra? ella riprese.
Non mi conosci tu nel petto un’alma605
Ferma, ed inespugnabile? Il segreto
Io serberò, qual dura selce, o bronzo.
Ciò senti ancora, e tel rammenta: dove
Spengan gli Dei per la tua mano i Proci,
Delle donne in palagio ad una ad una610
Qual t’ingiuria, io dirotti, e qual t’onora.
     Nutrice, del tuo indizio uopo non havvi,
Ripigliò Ulisse. Io per me stesso tutte
Le osserverò, conoscerolle: solo
Tu a tacer pensa, e lascia il resto ai Numi.615
     La vecchia tosto per nuov’acqua uscío,
Sparsa tutta la prima. Asterso ch’ebbe
Ulisse, ed unto, ei nuovamente al foco,