Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/592

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libro vigesimo 211

Pel ritorno del Re preghiere fea.
     Morte intanto a Telemaco s’ordia295
Dai Proci. È ver, che alla sinistra loro
Un’aquila comparve altovolante,
Che avea colomba trepida tra l’ugne.
Tosto Anfinomo sorse, e, Amici, disse,
Lasciam da un lato la cruenta trama,300
Cui più, che invan, si pensa; ed il convito
Ci sovvenga più presto. E il detto piacque.
     I Proci entraro nel palagio, e i manti
Sovra i seggi deposero: le pingui
Capre, e i montoni s’immolaro, corse305
De’ verri il sangue, e la buessa, onore
Dell’armento, cadè. Furo spartite
Le abbrustolate viscere, e mesciuto
Nell’urne il rosso vino. Euméo le tazze,
Filezio i pani dispensò ne’ vaghi310
Canestri: ma dall’urne il buon licore
Melanzio nelle ciottole versava.
E già i Prenci volgeano all’apprestate
Mense il pensier, quando d’Ulisse il figlio,
Non senza un suo perchè, seder fe’ il padre315
Presso il marmoreo limitar su rozzo
Scanno, ed a picciol desco; e qui una parte
Gl’imbandì delle viscere, e gl’infuse