Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/74

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libro terzo 59

Mio diletto figliuol, che abil del pari
La mano ebbe ai conflitti, e al corso il piede.
Se tu, queste sciagure, ed altre assai145
Per ascoltar, sino al quint’anno, e al sesto
Qui t’indugiassi, dalla noja oppresso
Leveresti di nuovo in mar le vele,
Ch’io non sarei del mio racconto a riva.
Nove anni, offese macchinando, a Troja150
Ci travagliammo intorno; e, benchè ogni arte
Vi s’adoprasse, d’espugnarla Giove
Ci consentì nel decimo a fatica.
Duce col padre tuo non s’ardia quivi
Di accorgimento gareggiar: cotanto155
Per inventive Ulisse, e per ingegni
Ciascun vincea. Certo gli sei tu figlio,
E me ingombra stupor, mentr’io ti guardo:
Chè i detti rassomigliansi, e ne’ detti
Tanto di lui tenere uom, che d’etade160
Minor tanto è di lui, vero non parmi.
L’accorto Ulisse, ed io, nè in parlamento
Mai, nè in concilio, parlavam diversi:
Ma, d’una mente, con maturi avvisi
Quel, che dell’oste in pro tornar dovesse,165
Disegnavamo. Rovesciata l’alta
Città di Priamo, e i Greci in su le ratte