Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/76

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libro "terzo" 61

L’altro agli altri piacea. Funeste cose
La notte in mezzo al sonno agitavamo
Dentro di noi: chè dal disastro il danno195
Giove ci apparecchiava. Il dì comparso,
Tirammo i legni nel divino mare,
E su i legni velivoli le molte
Robe imponemmo, e le altocinte schiave.
Se non che mezza l’oste appo l’Atríde200
Agamennón rimanea ferma: l’altra
Dava ne’ remi, e per lo mar pescoso,
Che Nettuno spianò, correa veloce.
Tenedo preso, sagrifici offrimmo,
Anelando alla patria: ma nemico205
Dagli occhi nostri rimoveala Giove,
Che di nuovo partì tra loro i Greci.
Alcuni, che d’intorno erano al ricco
Di scaltrimenti Ulisse, e al Re de’ Regi
Gratificar volean, torsero a un tratto210
Le quinci e quindi remiganti navi:
Ma io de’ mali, che l’avverso Nume
Divisava, m’accorsi, e con le prore,
Che fide mi seguian, fuggii per l’alto.
Fuggì di Tideo il bellicoso figlio,215
Tutti animando i suoi. L’acque salate
Solcò più lento, e in Lesbo al fine il biondo