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luigi capuana | 187 |
nato Fucini; e le signore aprivano gli occhi meravigliate che quel signore ignoto avesse due nomi. E proprio a quell’anno il Fucini era salito in fama pei suoi sonetti in dialetto pisano. Insomma, lavora, lavora e lavora, si finisce per fare, come faccio io all’età mia, la vita da studente, in due camere al terzo piano, tra i libri. E pure si seguita a lavorare, e, come le dicevo, se noi produciamo meno, produciamo meglio.
Io non credo che tra i romanzi di Emilio Zola ce ne sia uno che valga, per verità e per impersonalità, I Malavoglia o Mastro don Gesualdo.
— E i giornali letterarii?
— Quali? Que’ pochi che vivono stentatamente, fanno l’articoletto o amichevole o maligno all’uscir del libro, e poi... zitti! Mai uno studio largo, complesso, intero, comparato.
— Dunque ella crede che il romanzo italiano sia sopra una via ascendente?
— Certamente. In quest’anno abbiamo avuto dei buoni libri. Ne cito tre: L’Anima