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320 gabriele d’annunzio

I profeti non hanno tenuto calcolo dei fatti, partendo da un principio falso: ciò è dalla inconciliabilità apparente dell’arte con la scienza. Lo stesso Renan, il poeta della divina preghiera su l’Acropoli, il quale portava dentro di sè il senso indefettibile della Bellezza, ha scritto «Il y aura un temps où le grand artiste sera une chose vieillie presque inutile; le savant, au contraire, vaudra toujours de plus en plus,» E prima di lui John Keats, il poeta di Endymion alla mensa del pittore Haydon, già aveva levato il bicchiere proponendo questo brindisi: «Maledetta sia la memoria del Newton!», in odio al sapiente che distrusse la poesia dell’arcobaleno riducendolo a un prisma.

Ma è un puerile errore il credere che le facoltà dell’artista e quelle dello scienziato sieno opposte e inconciliabili. L’ipotesi è opera spontanea della imaginazione. Lo scienziato, nel momento di fare una scoperta, ha in sè la luce d’una virtù poetica. «Soltanto un uomo dotato d’alte