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delle cupole grandi cortine di solida tela, perchè l’esperienza ha dimostrato che una cortina libera gonfiandosi al soffio d’un’esplosione come un polmone che respiri, attutisce l’urto e salva perfino vetri e vetrate poste dietro ad essa.
Per il Palazzo Ducale il compito era più facile, poichè tutte le tele dipinte erano state portate lontano. Si trattava di consolidare questo palazzo la cui costruzione è durata, fra mutazioni ed aggiunte continue, tanti secoli e che si può dire rovesciato: con la massa, cioè, dei suoi muri pieni al secondo e al terzo piano, e i vuoti delle sue logge e dei suoi portici al primo piano e al piano terreno. Bisognava consolidarlo in vista di qualche proiettile che venendo da mare o cadendo in diagonale, come cadono quasi tutte le bombe lanciate volando dal cielo, ne schiantasse le colonne di sostegno. Tutti gli archi del portico terreno verso il suolo e quasi tutti quelli verso la Piazzetta furono per ciò rafforzati nel centro da un pilastro a sperone che giunge a un millimetro dall’arco senza farvi forza: ciò che, del resto, non sarebbe stato molto pericoloso dato che gli archi verso il Ponte della Paglia erano fino al 1866 rimasti murati. Anzi per evitare che la muratura fresca macchiasse le pietre patinate, le quali ormai sembrano ferro ed argento ed avorio, vi frapponemmo della tela parafinata. Non basta: sugli angoli verso il Ponte della Paglia, verso le due Colonne di Piazzetta, verso la Porta della Carta, furono costruiti speroni in pianta quadrata o circolare secondo l’aggetto delle sculture. Nella loggia del primo piano, poichè non si potevano per il soverchio peso ripetere i presidii in muratura, le arcate furono puntellate con legno, e altre grosse incavallature a contrasto furono alzate sia per sostenere il muro esterno soprastante, sia per reggere l'impalcato dei pavimenti e i muri divisori delle sale superiori e i due grandi veroni. Nel cortile, poi, furono sepolti sotto sacchi di sabbia il pozzo di bronzo dell’Alberghetti e quello di Niccolò dei Conti; e con altri sacchi disposti dentro invisibili scaffalature di legno furono difese sull’arco Foscari le due statue di Adamo ed Eva di Antonio Rizzo, e tutti i bassorilievi suoi e di Pietro Lombardo lungo la Scala dei Giganti. Naturalmente, anche qui condotture d’acqua furono dal Sovrintendente architetto Ongaro portate fino in cima ai "Piombi" e a tutte le soffitte; e si moltiplicarono dovunque gli estintori e i mucchi di sabbia per spegnere gl’incendii, come s'era fatto nella Biblioteca Marciana posta nel Palazzo della Zecca dall’altro lato della Piazzetta e nel Palazzo Reale.
Lì accanto lo stesso Municipio curava la copertura di tutta la sua
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