Pagina:Ojetti - L'Italia e la civiltà tedesca, Milano, Ravà, 1915.djvu/33

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Nessuna utopia d’impero, per noi, nessuna utopia di conquista oltre quello che è nostro. Ma l’Italia senta almeno che la sua civiltà secolare e universale è qualcosa di vivo e d’attivo, qualcosa che la fa non un cumulo di rovine e una somma di contribuenti, ma una forza continua e propulsiva, singolare e immortale, la quale, se il dominio straniero non ha per secoli potuto nè annullarla nè a lungo contaminarla, oggi che l’Italia esiste, dovrebbe essere non più fiacca e più incerta che ai tempi della schiavitù, ma più tesa e più limpida, e non solo, pel bene degli italiani, ma pel bene dell’umanità la quale senza questa nostra forza, senza questa nostra civiltà, non sarebbe in nessun punto del vasto mondo quello che oggi è. Lo vedete: anche i sogni d’impero vanno agli altri da noi e dalla civiltà nostra, col nome romano. Proprio noi dobbiamo da questa civiltà non trarre più altro che la rassegnazione dell’inerzia, lo sconforto del dubbio, la speranza di qualche elemosina?