Pagina:Ojetti - L'Italia e la civiltà tedesca, Milano, Ravà, 1915.djvu/32

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prima razza del mondo sia durevole, bisognerà anche distruggere le altre razze, tutti, cioè i brachicefali di testa poco sviluppata e di essenza inferiore, distruggerle condannandole alla sterilità. Propositi fanciulleschi che sarebbe inutile perdere tempo a riassumere se, appena scoppiata questa guerra lo stesso Guglielmo secondo non li avesse un’altra volta clamorosamente fatti suoi, promettendo ai suoi soldati, socialisti compresi, precisamente «un nuovo Sacro Romano Impero della nazione germanica che sarà più bello di tutti quelli che la storia ha veduti, e che governerà il mondo».


La Patria attiva.


Risalendo velocemente e perciò in un modo troppo saltuario ed elementare il corso della storia, io ho voluto mostrare perchè la civiltà tedesca sia rimasta fatalmente antilatina e inconciliabile con la civiltà nostra, ma più ho voluto provare che ad essa, pur tanto fresca audace e impetuosa, manca e mancherà sempre quel carattere di universalità che sola potrebbe garantire alle ambizioni tedesche d’impero una probabilità di attuazione e di durata, quel carattere di universalità che tutte le rivoluzioni latine, pacifiche come quella del Rinascimento umanistico e classico, violente come la Rivoluzione francese pei Diritti dell’Uomo, hanno ormai provato di possedere.

Ma lo spettacolo d’unione e di ebbrezza eroica che fino ad oggi ci dà la Germania anche se quest’unione e quest’ebbrezza son partite da un’utopia medievale, sorpassata e, per fortuna, ormai irraggiungibile, ci deve far anche sentire che non si può concepire la patria nel senso puramente materiale di quello che è, e accontentarsi che, bene o male, compiuta o incompiuta, resti quello che è.