Pagina:Ojetti - Le vie del peccato.djvu/16

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che «passo il fosso», cioè questa sarà la mia terza visita all’Italia. La prima volta avevo diciannove anni. A Roma mia madre ed io prendemmo un piccolo appartamento alle Quattro Fontane. L’inverno era una primavera, e avevamo una terrazza che da un lato guardava la villa Barberini e dall’altro, oltre certi orribili muraglioni gialli, i giardini del Quirinale. Io suonavo il pianoforte. Per far pratica, da non so più quale amica mi fu presentato un giovane pianista meridionale, che aveva due grandi occhi neri e una ondulata capellatura precocemente grigia. Suonava bene e mi piacque. Un giorno mi portò un mazzo di violette doppie. A quel vasello pieno di viole odorose su l’alto del pianoforte, mentre suonavamo a quattro mani, convergevano i nostri occhi: e fu un primo legame. Una amica mia di Norwich aveva avuto in Francia un amoruccio squisito con un pianista. Me lo rammentai in quel punto, e guardai il mio compagno. Egli, pur tenendo gli occhi su le mani e su la tastiera, sentì che il mio sguardo era diverso dal solito, più curioso, direi quasi interrogativo. – Would you accept a little flirt with your american pupil, would you not? Accettereste un piccolo flirt con la vostra scolara americana? – Questo domandava lo sguardo. Egli,