Pagina:Ojetti - Le vie del peccato.djvu/237

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Per tre sere, Giacinta e Sabatino si addormirono nel letto coniugale dicendosi con affetto: — Buona notte! – e voltandosi le spalle. Alla quarta sera, Giacinta domandò: – Già hai sonno? – Alla quinta, cinque minuti dopo avergli augurata la buona notte, gli mise una mano sulla spalla, ce la tenne un poco, gliela passò nei capelli e gli domandò: – Dormi? – con un’ingenuità affettuosa che Sabatino finse di non udire. Alla sesta, si alzò, andò alla finestra, la spalancò sulla notte stellata (erano al quarto piano) e si appoggiò così, in camicia da notte, al davanzale. Sabatino che dormiva con un occhio, le avverti: — Bada alla gola, Giacintuccia. Domani sarai rauca. — Sarebbe meglio che fossi stata rauca sempre, – e tornò a letto senza fiatare. Sabatino la sera dopo escì di casa súbito appena finita la cena. — Vado dalla maestra. Così non si va avanti. Torno súbito. Invece tornò a mezzanotte passata, rimbambolato, confuso. Quando si levò il cappello Giacinta notò che aveva i capelli arruffati. — Come mai ti sei spettinato così? — Tirava vento... m’è caduto il capello... non so...